Nei primi anni del Seicento, il pittore fiammingo Pieter Paul Rubens si trova in Italia. È in quel periodo che padre Flaminio Ricci, della congregazione dei filippini, gli commissiona un dipinto per la chiesa di San Filippo Neri, a Fermo. Nasce così, nel 1608, l’Adorazione dei pastori di Rubens, conservato oggi nella Pinacoteca Civica della città marchigiana. L’Adorazione ritrae la scena della notte della natività nella sua versione apparentemente più classica: c’è il bambino, ci sono Maria e Giuseppe, c’è il bue, c’è l’asinello, ci sono i pastori in stupefatta adorazione, e in alto ci sono gli angeli, che srotolano un cartiglio e annunciano la nascita del Signore.
Alcuni particolari, tuttavia, sembrano leggermente sopra le righe: il bambino emana un potente bagliore, tanto che il pastore in piedi a sinistra deve farsi ombra. E la posa della donna anziana al centro, subito accanto alla mangiatoia, con i palmi sollevati, è piuttosto marcata: sembra che più che ripararsi dalla luce – visto che sta guardando Maria – stia mostrando le mani. È possibile? È possibile.

Cattedra eburnea di Massimiano, VI secolo, Ravenna, foto di Testus

Particolare della Cattedra eburnea di Massimiano, VI secolo, Ravenna, foto di Testus. La levatrice mostra la mano a Maria.

Il Vangelo di Giacomo il Giusto e il tardo Vangelo dello Pseudo-Matteo, che ne deriva, non sono vangeli canonici, ma durante il Medioevo la loro influenza sulla tradizione cristiana si è fatta sentire. Entrambi introducono nella scena della natività due personaggi interessanti: la levatrice e Salomè. La levatrice non ha nome nella versione di Giacomo, mentre lo pseudo-Matteo la chiama Zelomi. Quanto a Salomè, è un personaggio noto dei vangeli: è la madre di Giovanni e di Giacomo il Maggiore ed è una delle tre donne che scopriranno il sepolcro vuoto nel giorno della resurrezione.
Nei due apocrifi, Zelomi e Salomè non hanno un vero ruolo nel parto di Maria. Nella versione di Giacomo, Giuseppe è in cerca di una levatrice, Maria fa tutto da sola, e quando Giuseppe torna con la donna, la grotta emana una luce soprannaturale:

Ma a poco a poco quella luce si attenuò, finché non apparve il bambino.

Poco dopo, la levatrice incontra Salomè e le annuncia di aver assistito alla nascita di un bambino da una vergine.
Lo pseudo-Matteo, invece, parla di due levatrici: Zelomi e Salomè.

Già da un po’ di tempo Giuseppe si era avviato a cercare levatrici e quando ritornò alla grotta, Maria aveva ormai messo al mondo il bambino
– Ti ho condotto le levatrici Zelomi e Salomè, – disse Giuseppe a Maria, – che stanno fuori, davanti alla grotta, e non osano entrare qui a causa della troppa luce.

Secondo Giacomo, Salomè compie un gesto molto simile a quello attribuito a Tommaso: vuole toccare il corpo di Maria per accertarsi che sia effettivamente vergine.

[…] Se non introdurrò il mio dito ed esaminerò la sua natura, non crederò mai che una vergine abbia partorito.

Il gesto però ha un esito inatteso: la mano di Salomè viene ustionata. Alla donna non resta che chiedere pietà al Dio d’Israele, ricordandogli la propria stirpe e i propri servigi. Appare un angelo, suggerisce a Salomè di prendere in braccio il bambino, afferma che gliene verrà salute e gioia. Salomè segue il consiglio e prende il braccio il bambino dichiarando che «egli è nato per essere grande re di Israele».

Robert Campin, Natività, 1420 circa, Museo delle Belle arti di Digione. Foto di Yelkrokoyade

Robert Campin, Natività, 1420 circa, Museo delle Belle arti di Digione, foto di Yelkrokoyade. Zelomi è rappresentata di spalle, dice – nel cartiglio – «La vergine ha partorito un figlio», Salomè (indicata dal nome) risponde «Crederò quando proverò»; in alto l’angelo: «Tocca il bambino e guarirai».

Più elaborata e drammatica la scena dello pseudo-Matteo. Dapprima, a voler toccare Maria è Zelomi, che subito esclama:

[…] Non si è mai sentito udire né potuto immaginare che le mammelle siano piene di latte e sia nato un maschio, lasciando vergine sua madre! Nessuna perdita di sangue si è avuta sul neonato, nessun dolore nella puerpera. Vergine ha concepito, vergine ha partorito, vergone è rimasta.

E quando viene, per l’incredula Salomè, il turno di toccare Maria, la sua mano inaridisce. Salomè si dispera e invoca il Signore chiedendo pietà. Qui l’angelo appare sotto forma di giovane splendente, e consiglia a Salomè di prendere in mano un lembo dei panni che avvolgono il bimbo. Anche nella versione dello pseudo-Matteo, Salomè viene guarita.

Della vicenda della donna incredula troviamo tracce fin dalla primissima cristianità, già nelle Catacombe di san Sebastiano, e attraverso sculture e dipinti la sua storia percorre tutto il Medioevo per arrestarsi al Barocco. L’Adorazione di Fermo è l’ultima rappresentazione di cui siamo a conoscenza.

Bibliografia:
I vangeli apocrifi, a cura di Marcello Craveri, Einaudi 2014
Guerrino Lovato, La levatrice incredula nella leggenda della Natività, Lupi & Sirene 2012
Immagine di copertina: Adorazione dei pastori, Rubens, Fermo.
La Pinacoteca Civica di Fermo si trova al secondo piano del Palazzo dei Priori, in Piazza del Popolo, a Fermo

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